Ilaria Deangelis
Regia


A cura di Silvia Arosio

Iaria, cominciamo da te.
Perché hai accettato la regia di questo spettacolo?
Mi sono sempre piaciuti i musical da camera, e quando Francesco mi ha fatto conoscere questo titolo ho subito pensato che fosse la storia che stavo aspettando, non solo per la sua originalità (non si trattava della solita storia d’amore), ma anche per l’autenticità e l’universalità dei temi trattati, primo fra tutti l’amicizia che lega i due protagonisti sin dall’infanzia.
Quali sono le differenze tra lo spettacolo originale e la versione italiana? 
Premetto che non conosco benissimo la versione originale perché, ahimè, non ho avuto modo di vederlo in scena a Broadway, e nel web non si trova molto materiale video di quella versione. Una delle differenze è sicuramente nella scenografia, che noi abbiamo scelto di ridimensionare e strutturare a moduli, proprio per poterla adattare a teatri di tutte le dimensioni. Altra grande differenza è il contesto e il carattere dei personaggi che, come i due autori Brian Hill e Neil Bartram spiegano nelle note della sceneggiatura, non sono ben specificati nel testo proprio per dare più spazio all’immaginazione sia della regia che degli attori, purché vengano mantenute quella semplicità e veridicità che sono poi la bellezza e il valore aggiunto di questa storia. 
Una mano femminile a dirigere due uomini: come state lavorando?
Non so dirti se la mano femminile possa fare la differenza, so solo che ho cercato di trattare questa storia con tanta sensibilità e delicatezza. Per me è fondamentale partire dal testo, “ascoltarlo”, scovare ogni dettaglio utile per mettersi nei panni, nei vissuti e nei pensieri dei personaggi. Quindi all’inizio ho sottoposto a Francesco e Fabrizio diversi spunti di riflessione e domande cui rispondere insieme. E subito dopo abbiamo costruito le varie scene, lasciando prima i due attori liberi di seguire le loro sensazioni, per poi fissare intenzioni e movimenti che secondo me risultavano più veri, più naturali e più incisivi. La routine che si è creata è quella di un bellissimo lavoro di squadra. Devo ringraziare Fabrizio e Francesco per la fiducia e l’impegno che mi hanno da subito dimostrato. Hai partecipato a diversi musical, come interprete ed un paio di volte come regista.
Qual 
è il punto di forza di questo spettacolo? 
Credo che la sua forza sia la semplicità. A mio avviso questa storia è pensata, scritta e musicata così bene da non aver bisogno di grandi cose. Due attori, due musicisti e pochi elementi di scenografia sono sufficienti a veicolare le tante emozioni che travolgono lo spettatore in questo spettacolo.
Come saranno le scenografie? 
I dialoghi e le azioni che sono raccontate in scena avvengono tutte in un unico luogo, ovvero la mente di Tom che è uno dei due personaggi, un autore di best seller alle
prese col difficile compito di scrivere l’elogio funebre per la morte il suo migliore amico Alvin.
Quindi la scenografia, tutta rigorosamente di colore bianco, rappresenta proprio questo luogo onirico a metà fra il presente (simboleggiato dal pulpito) e i ricordi (simboleggiati dalla libreria, il luogo dell’infanzia a loro più caro). Come accennavo sopra, noi abbiamo scelto una scenografia più piccola e divisa a moduli, ci è sembrata una soluzione intelligente per poter andare in scena in teatri di tutte le dimensioni. 
Avete scelto una band dal vivo: chi suonerà e cosa? 
Per le musiche abbiamo valutato diverse possibilità e la soluzione migliore ci è sembrato che la musica dal vivo potesse essere un valore aggiunto. Per accompagnare due voci importanti come
quelle di Fabrizio e di Francesco non potevamo che scegliere due musicisti di altissimo livello, come Valentino Favotto per il pianoforte e direzione musicale e Stefano Andreatta che suonerà invece basso, flauto e percussioni. 
Cosa vuol dire tornare sul palco dopo la pandemia?
Per me vuol dire tornare a sognare, e far sognare. Dopo un periodo così faticoso, secondo abbiamo bisogno di distrarci e di regalarci emozioni che facciano bene al cuore.